Negli anni ‘50 fu creata una varietà di frumento tenero da coltivare in montagna, per garantire il consumo di pane bianco alle popolazioni abituate solo a pane di castagne e di patate. La nuova varietà fu ambientata in Casentino e fu poi pubblicata con il nome di Verna. L’introduzione in coltivazione di Verna consentì agli agricoltori di seminare in epoca “precoce”, e di coltivare frumento anche nelle zone di collina e di montagna più difficili. La granella, che contiene più amido e una bassa quantità di glutine, viene macinata a pietra; in tal modo la crusca può essere separata per l’ottenimento di una farina semi-integrale, ricca di vitamine B ed E e priva dell’acido fitico, prodotto ad elevata digeribilità. Per la panificazione la farina di Verna si avvantaggia dell’uso di lievito madre (o pasta acida) con una lenta e completa degradazione delle proteine del glutine. Si ha così l’eliminazione delle tossine, che possono provocare reazioni di intolleranza. Oltre a caratterizzare odore e sapore del pane, i microrganismi della pasta acida proteggono l’impasto da successive contaminazioni (muffe o altri difetti che possono interessare il pane), garantendone una maggiore conservabilità. Il Consorzio Agrario di Siena e Arezzo è il Custode del germoplasma del grano Verna e ne tutela e certifica ufficialmente la tracciabilità di filiera, con garanzia di un prodotto di alto valore tecnologico, storico e culturale.